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Come lavoreremo tra un anno? Il modello Zeta Service tra Smart Working e Welfare Aziendale

Smart working e nuovi asset: come lavoreremo tra un anno e quali saranno i modelli vincenti e le politiche di welfare per il dopo covid19

8 mln di lavoratori in smart working durante il lockdown, prima erano appena 500 mila, ma continuano ad esserci perplessità. Zeta Service, grazie ad una politica di welfare incentrata sulla persona e la felicità, è tra i modelli da prendere ad esempio per essere pronti a gestire il cambiamento, anziché subirlo

La pandemia da covid19 e il lungo lockdown hanno messo a dura prova l’economia italiana e la sopravvivenza di moltissime aziende. Secondo i di uno studio realizzato da Cgil e Fondazione Di Vittorio, oltre 8 milioni di persone durante la quarantena hanno lavorato in smart working, una modalità che in precedenza era stata sperimentata da appena 500 mila di questi.

Una necessità obbligata, per far fronte ad un evento che nessuno poteva prevedere, e, come sottolineato dallo stesso Ministero del Lavoro, ha spinto molti ad “un radicale e repentino ripensamento dell’organizzazione del lavoro”, anche se non tutti erano pronti e per alcuni è stato un vero shock. Forse è per questo motivo, che molti torneranno alla vecchia impostazione, mentre altri, seguendo anche gli esempi di chi già stava sperimentando nuovi modi di concepire il lavoro, proveranno a mantenere in parte o totalmente la possibilità di lavorare in smart working.

In quest’ottica, Zeta Service, fondata e guidata da Silvia Bolzoni, può essere indicata come un vero e proprio esempio da seguire, forte di una politica di welfare aziendale che le ha permesso di adattarsi e gestire il cambiamento, rendendolo qualcosa di positivo ai fini aziendali, anziché subirlo passivamente, limitandosi ad attuare quanto previsto dai vari DPCM. L’azienda, che conta oggi 300 collaboratori, oltre 600 clienti e 8 sedi in Italia, è stata tra le prime a mettere in smart working tutti i suoi dipendenti già dal 21 febbraio, una modalità di lavoro che era già attiva in azienda, anche se solo per pochi giorni al mese e su base volontaria.

“Quando dopo aver appreso la notizia del “paziente 1” ho deciso di far lavorare tutti da casa, in cuor mio avevo il timore che questo Smart Working di massa non funzionasse. – Spiega Silvia Bolzoni – È un timore che ho sempre avuto, infatti prima il lavoro da casa si limitava a due giorni al mese (a meno che non ci fossero bimbi o genitori da accudire in quel caso non era il tempo a dettare le regole ma le esigenze) e non più di tot persone per gruppo. Dopo questo esperimento dovrò sicuramente rivedere il regolamento dando maggiore flessibilità, perché i miei collaboratori hanno dimostrato responsabilità, coesione e lavoro di squadra. Sono stati tutti perfetti, anche a distanza. In futuro, sicuramente avremo un nuovo modo di intendere l’orario di lavoro, la presenza in ufficio non sarà sempre necessaria, ci sarà libertà nell’organizzare le proprie giornate, conterà sempre di più il risultato e la qualità del proprio lavoro non il tempo trascorso in ufficio.”

Da sempre, Zeta Service ha scelto di mettere la persona al centro di tutto, avviando una politica di welfare aziendale che garantisce flessibilità lavorativa e offerta di servizi all’interno dell’azienda (visite mediche, corsi di yoga e pilate, maggiordomo aziendale…), ed è l’unica in Italia ad avere la divisione interna permanente Felicità e Valori. Tutti elementi che hanno fatto sì che all’interno dell’azienda si creasse un forte senso di appartenenza.

Queste caratteristiche hanno reso possibile a Zeta Service di adattarsi rapidamente al lockdown prima, e alla Fase 2 dopo, mantenendo le persone motivate e coinvolte. L’azienda ha, inoltre, fatto in modo che tutti i suoi collaboratori potessero avere un supporto economico, mantenendo i ticket restaurant, benché non fossero legalmente dovuti per il lavoro da casa, e anticipando la quattordicesima ad aprile. Ma non solo, è stato fornito anche un costante supporto psicologico attraverso webinar dedicati al coraggio e alla paura e uno “Piscologo aziendale” a disposizione dei collaboratori. Provvedimenti che hanno consolidato ancora di più il legame con l’azienda.

Non tutte le aziende italiane, però, sono propense a proseguire con lo smart working. Tra le principali paure, quella di non riuscire a gestire i dipendenti e che questi non riescano a coordinarsi tra di loro e, dal lato del dipendente, le principali riserve sono collegate al fatto di dover utilizzare i propri dispositivi e di non riuscire a veder rispettato il proprio diritto alla disconnessione.

“Questi sono timori fondati, ma credo che l’esperienza che abbiamo vissuto ci abbia già messo davanti un grande esperimento e ci abbia dato anche occasione, sia dal lato azienda sia dal lato dipendente, di prendere le misure con la nuova situazione lavorativa in modo molto efficace e veloce vista l’esigenza. Non solo, credo di aver compreso come non si debba mai dire “Non si può fare”, tutto si può fare con la collaborazione delle proprie persone, certo, la fiducia reciproca è imprescindibile, ma questa non deve mancare in generale in nessuna relazione lavorativa. La realtà sta mettendo davanti ai nostri occhi la possibilità di cambiare e di evolvere, credo che opporre resistenza sia dannoso e che sia molto meglio gestire il cambiamento e adattarlo ai propri desideri.
Il mio desiderio da sempre è che Zeta Service cresca in modo sano e che i miei collaboratori siano felici, personalmente farò in modo che questo continui ad accadere anche se con nuove modalità di lavoro. Stiamo tutti cambiando pelle e vedo in questo la possibilità di nuove scoperte e nuovi obiettivi da raggiungere.

FONTE : ALESSANDRO MAOLA COMUNICAZIONE